I lavoratori che, ogni anno, scelgono di destreggiarsi fra un contratto subordinato e la P. IVA sono numerosi. Partita iva e lavoro dipendente possono convivere con alcuni distinguo che riguardano, anzitutto, la differenza tra lavoro dipendente nel settore privato o pubblico.
Un altro aspetto degno di nota riguarda il livello di tassazione cui è soggetto il lavoratore dipendente con partita iva: i contributi Inps e l’imposta sul reddito, infatti, variano in base al tipo di contratto e all’inquadramento del lavoratore autonomo.
In alcuni casi, conciliare le due posizioni lavorative offre un vantaggio significativo dal punto di vista fiscale, grazie alla possibilità di accedere all’aliquota ridotta o all’esonero.
Vediamo insieme più nel dettaglio le casistiche più frequenti e come gestire in dichiarazione dei redditi partita iva e lavoro dipendente.
In quali casi lavoro dipendente e partita IVA possono convivere?
Le due posizioni lavorative – a meno di precisi vincoli contrattuali – sono compatibili, perlomeno nel settore privato.
Diversa la situazione degli impiegati pubblici per i quali, se il contratto subordinato è a tempo pieno, non è prevista la compresenza delle posizioni lavorative, salvo eccezioni e autorizzazioni concesse dall’amministrazione pubblica. In generale, l’opportunità è riservata ai lavoratori con contratto part time non superiore al 50 %.
Se sono dipendente privato generalmente posso aprire anche la partita IVA. Il riferimento è dato dall’articolo 2015 del Codice Civile da cui derivano l’obbligo di fedeltà e di non divulgazione. L’attività con P. Iva, cioè, non dovrà essere svolta in concorrenza col lavoro dipendente o comportare l’utilizzo e la diffusione di informazioni riservate o lesive della reputazione aziendale. Il criterio generale da rispettare, quindi, è l’obbligo di riservatezza e il divieto di concorrenza. Se previsto dal contratto, il patto di non concorrenza può prolungarsi oltre la cessazione del contratto di lavoro.
E se sono un lavoratore del servizio pubblico? I vincoli, per questa categoria, aumentano poiché sono tenuti a prestare servizio in modo esclusivo, come stabilito dal decreto legge 165/2011. Per verificare questo obbligo è necessario analizzare il contratto e verificare, anzitutto, se il datore di lavoro si configura come società a compartecipazione pubblica, nel qual caso le disposizioni sono analoghe a quelle previste per il settore privato.
Partita iva e lavoro dipendente nel pubblico possono convivere più facilmente se l’attività è part time, come nel caso degli insegnanti per cui è possibile svolgere un secondo lavoro in libera professione se in linea con l’insegnamento svolto. Nel caso dei contratti a tempo pieno, in generale, non vi è la possibilità di aprire la p. Iva, con rare eccezioni. Il secondo lavoro, comunque, dovrà configurarsi come occasionale e temporaneo ed essere svolto al di fuori dell’orario di servizio. In tutti i casi, l’opportunità è subordinata a un’autorizzazione e non deve creare un conflitto di interesse.
Lavoro dipendente e partita IVA in regime forfettario
Vediamo più nel dettaglio come ragionare in caso di partita iva forfettaria e lavoro dipendente. I limiti per accedere al regime forfettario prevedono, fra le altre cose, un reddito da lavoro dipendente non superiore ai 30.000 euro l’anno, con verifica eseguita sull’anno contributivo che precede l’apertura della p. Iva. Entro i primi 5 anni di attività, l’aliquota sarà del 5 % l’anno per poi salire al 15 %. Al superamento della soglia di reddito si dovrà adottare il regime ordinario con tutti i relativi oneri a livello di tassazione e costi di gestione della p. Iva.
Partita IVA e lavoro dipendente: cosa cambia a livello di tasse?
Una volta stabilita la compatibilità delle posizioni lavorative, vediamo cosa comporta la combinazione lavoro dipendente e partita iva per i contributi Inps e l’imposta sul reddito.
Dichiarazione dei redditi: come procedere quando lavoro dipendente e partita IVA coesistono?
Fra i costi della partita IVA rientra l’onorario del commercialista che deve seguire la dichiarazione dei redditi. Il modello da utilizzare non sarà il 730 bensì il Modello Persone Fisiche. Il calcolo della tassazione sarà distinto e andrà a combinare i tributi calcolati secondo le aliquote IRPEF e, per quanto riguarda il lavoro autonomo, le tasse derivanti dal regime fiscale adottato. In caso di lavoro dipendente e partita iva a regime forfettario, il vantaggio è dato – oltre alle aliquote vantaggiose – dalla non cumulabilità dei redditi: a differenza di ciò che avviene per il regime ordinario, l’imposta sostitutiva sui redditi da lavoro autonomo e la tassazione Irpef saranno calcolati in modo distinto, evitando così lo sforamento degli scaglioni di reddito.
Partita IVA e lavoro dipendente: come cambia il calcolo dei contributi?
Il calcolo della pensione è fra i temi più importanti per i titolari di p. iva. A dispetto della flessibilità, questo strumento può creare incertezza sul piano della sicurezza contributiva, considerando la discontinuità dei proventi lavorativi. Molto spesso, non a caso, gli autonomi scelgono di ricorrere a un piano pensione per integrare la futura pensione. Il calcolo dei contributi dipende dalla tipologia di attività. I professionisti iscritti all’Albo, in alcuni casi, possono beneficiare di agevolazioni contributive e vedere così ridotto l’importo dei versamenti dovuti. I lavoratori iscritti alla gestione commercianti possono beneficiare dell’esonero in caso di contratto subordinato full time. Per quanto riguarda i professionisti iscritti alla Gestione separata può scattare la riduzione dell’aliquota standard dal 26 % al 24 %.
Come aprire la partita IVA se sei un lavoratore dipendente
L’apertura della p. IVA risulta più o meno semplice a seconda del tipo di attività. Per i professionisti è sufficiente procedere con l’invio del modulo di apertura all’Agenzia delle Entrate. Le attività commerciali e in ambito artigianale, invece, dovranno completare l’iscrizione alla Gestione Artigiani e Commercianti e alla camera di commercio. Per i lavoratori del privato non è previsto obbligo di comunicazione al datore di lavoro: la cosa migliore, in ogni caso, è discutere questo aspetto per evitare noie, incluso il rimborso e il licenziamento per giusta causa qualora si prefiguri una violazione del patto di non concorrenza.
Libera professione o apertura di una ditta individuale?
Il carico fiscale può variare in modo significativo per chi sceglie di gestire in contemporanea partita iva e lavoro dipendente. Le tasse e i versamenti contributivi dipendono dalla tipologia di attività e dalla cassa previdenziale di riferimento. Nel caso del libero professionista andrà fatta l’iscrizione alla gestione separata INPS o, per le attività con Albo, alla cassa previdenziale specifica.
Per quanto riguarda le attività del commercio, invece, è prevista l’iscrizione alla Gestione commercianti e Artigiani INPS. Nel caso dei commercianti c’è la possibilità di ottenere l’esonero dall’iscrizione alla Gestione Commercianti se il reddito da lavoro dipendente risulta prevalente, a livello economico e di orario. Questa opportunità non si pone per gli artigiani, dato che l’attività artigiana è considerata, per definizione, prevalente. Di conseguenza, un lavoratore dipendente full time o con contratto superiore al 50% non potrà aprire la Partita iva per svolgere un’attività lavorativa nel settore artigianale.
Inoltre, l’importo delle tasse è subordinato al codice dell’attività (ovvero dall’Ateco di riferimento). La consulenza del commercialista è fondamentale per inquadrare l’attività svolta con p. Iva nel modo corretto e ottimizzare, così, la gestione degli aspetti fiscali.
In conclusione, conviene fare convivere lavoro dipendente e partita iva? Sicuramente può essere un buon modo per aumentare le entrate e sfruttare le competenze lavorative in settori diversi. Oltre a richiedere ottime doti organizzative, questa scelta presuppone un approccio attento dal punto di vista finanziario. Oltre all’aspetto della tassazione, è necessario considerare la futura pensione e la frequente difficoltà, per i lavoratori autonomi o con contratti discontinui, di far quadrare i conti dal punto di vista previdenziale. Ricorrere a un piano di gestione patrimoniale può essere la soluzione giusta per ridurre le preoccupazioni riguardanti il futuro professionale e post lavorativo.
Di Macina Luca – Iscritto all’albo unico dei “Consulenti Finanziari – OFC – Regione Piemonte”