Le quotazioni del petrolio sono tornate a salire, con il Brent del Mare del Nord oltre 77 dollari e il WTI statunitense sopra 73 dollari al barile, sostenute dalla possibilità di un attacco imminente agli impianti petroliferi iraniani, come indicato dal Presidente Biden.
Le tensioni nel Medio Oriente, in particolare il conflitto tra Israele e Iran, già da alcuni giorni hanno alimentato l’aumento dei prezzi, che erano precedentemente in calo a causa della debole domanda e dell’offerta eccedente dell’OPEC+. Gli esperti avvertono del rischio di interruzione delle forniture, che potrebbe far schizzare ulteriormente i prezzi, anche se la domanda debole potrebbe mitigare l’impatto. La situazione solleva preoccupazioni per un possibile incremento dell’inflazione e per le politiche monetarie delle banche centrali.
Le quotazioni del greggio si sono riportate al di sopra dei 77 dollari per la qualità Brent del Mare del Nord mentre il greggio statunitense ha superato i 73 dollari al barile
Le quotazioni petrolifere si sono impennate sulle parole del Presidente Biden che non esclude un attacco alle infrastrutture iraniane
Tornano a salire con decisione le quotazioni del petrolio, che si è riavvicinato molto agli 80 dollari al barile, rispondendo all’escalation di tensioni in Medioriente. Già da alcuni giorni le quotazioni del barile stanno crescendo sulle principali piazze di scambio internazionali, di riflesso all’avvio delle ostilità fra Israele ed Iran. E questo fattore sta sostenendo il recupero del greggio, che recentemente sembrava destinato a perdere ancora terreno per la mancanza di una domanda e l’offerta sovrabbondante dell’Opec+.
Le quotazioni del Brent del Mare del Nord all’Intercontinental Exchange di Londra si sono portate a 77,44 dollari al barile, evidenziando su base settimanale un rialzo dell’8,5%.
Stesso movimento per l’OPEC Basket, che dai 74,62 dollari a barile è salito fino a 73,52 dollari: + 9% settimanale.
Si ipotizza che gli attacchi di ritorsione da parte di Israele –– potrebbero colpire i siti di produzione di petrolio iraniani, interrompendo ulteriormente il commercio globale e il trasporto di petrolio in particolare. E in caso estremo (rischio di coda), l’Iran potrebbe tentare di chiudere potenzialmente lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transitano circa 20 milioni di barili di petrolio e prodotti petroliferi (circa il 20% della fornitura globale)”.
La corsa delle quotazioni petrolifere potrebbe anche avere effetti a catena sul livello generale dei prezzi, facendo nuovamente aumentare l’inflazione. In questo caso sarà interessante vedere come interverranno le Banche centrali.
Di Macina Luca – Iscritto all’albo unico dei “Consulenti Finanziari – OFC – Regione Piemonte”