Più di un lavoratore su tre, il 36%, pensa ancora di lasciare il lavoro entro i prossimi sei mesi. Dopo il boom di dimissioni post pandemia, rallenta la voglia di cambiare occupazione, ma resta alta secondo il Global Talent Barometer di ManpowerGroup.
Un dato che vede il 63% degli italiani considerare positivo il proprio lavoro, un dato al di sotto del 67% rilevato a livello globale e con uno su due, il 53%, che si definisce stressato dal lavoro.
“Il rapporto tra persone e aziende si sta evolvendo rapidamente. Per trattenere le migliori collaboratrici e collaboratori, in una situazione di crescente talent shortage e mismatch di competenze, il solo stipendio non è più sufficiente. Le persone si aspettano che il lavoro offra loro qualcosa di più: maggiore equilibrio, più opportunità, più empatia”, sono i temi che restano al centro del dibattito, sottolinea Anna Gionfriddo, ad ManpowerGroup Italia. “Sebbene il 75% delle persone in Italia trovi uno scopo nel proprio lavoro, i dati del nostro Global Talent Barometer dimostrano che questo da solo non è sufficiente a trattenere i talenti. Le organizzazioni che riescono a creare ambienti a misura d’uomo non solo tratterranno i migliori talenti, ma guideranno anche l’innovazione”, dice.
Il 57% confida che i propri interessi nello sviluppo della carriera siano tutelati dai manager aziendali. Un valore basso rispetto ad altri contesti internazionali, tanto che il 48% è convinto di poter trovare un lavoro in linea con le proprie esigenze nell’arco di sei mesi. Il 68% dei talenti sostiene di avere in azienda l’opportunità di migliorare le proprie skills per avanzare la posizione lavorativa, ma soltanto il 53% ritiene di avere effettivamente la possibilità di ottenere una promozione. E resta un italiano su quattro (27%) che non si sente al sicuro del proprio posto di lavoro e teme che entro sei mesi sarà costretto a lasciarlo.
A livello territoriale, secondo il Global Talent Barometer di ManpowerGroup, la percentuale di persone che dichiarano di temere di dover lasciare il posto di lavoro è più alto nel Sud e Isole (30%) e nel Centro (29%) rispetto a Nordovest (24%) e Nordest (22%). Al contrario, nelle regioni del centro emerga un’alta percezione di poter migliorare le proprie competenze (77%) e la propria carriera (61%), mentre la percezione di miglioramento più bassa si registra nel Nordest sia per le competenze (63%) sia per la carriera (46%).
Percezione che cambia anche a seconda dell’età. La generazione Z si dichiara la più stressata (57%) e di gran lunga la più incline a cambiare impiego per propria scelta nei prossimi mesi (49%). Sono anche coloro che hanno più difficoltà a trovare significato e scopo nel proprio lavoro (63%). La generazione dei Millennial invece (28-43 anni) è quella che intravede più possibilità di carriera (60%). Per quanto riguarda i singoli settori, i più stressati sono i lavoratori dei servizi (61%) e sanità (59%), mentre i meno stressati sono nei trasporti, logistica e automotive con il 38%. I lavoratori di quest’ultimo settore sono anche i meno intenzionati a cambiare lavoro a breve spontaneamente (15%), mentre nei beni di consumo e servizi intende farlo uno su due (50%).
Di Sole24ore