L’insoddisfazione e lo stress sono diventati un problema serio e diffuso. Ciò rappresenta una sfida per le aziende, che devono riconoscere la professionalità dei propri dipendenti e offrire retribuzioni proporzionate alle loro qualifiche. Inoltre, è necessario che le aziende si concentrino sulla cura del benessere dei propri lavoratori, sia dal punto di vista psicologico che fisico.
In Italia, i dati sottolineano un livello di coinvolgimento molto basso tra i dipendenti, accompagnato da livelli di stress quotidiani elevati. Per superare questa situazione, le aziende italiane devono rivedere il loro stile manageriale e investire maggiormente nel capitale umano. Inoltre, il passaggio generazionale rappresenta un’opportunità per le aziende di modernizzarsi e migliorare la loro produttività.
A tal proposito, il rapporto annuale della società di consulenza statunitense Gallup (State of the Global Workplace) ha rivelato che, nonostante la crescita occupazionale nel 2023, il livello di stress e l’insoddisfazione dei lavoratori sono arrivati ad un livello da record. Il sondaggio è stato effettuato con un migliaio di lavoratori dipendenti, i quali hanno espresso le loro ipotetiche richieste per agevolare il luogo di lavoro, tra cui:
- Il 41% più riconoscimenti di merito;
- Il 28% stipendi proporzionati a quelle che sono le qualifiche;
- 16% attenzione per il benessere psico-fisico;
La “colpa” per questi livelli di insoddisfazione e stress non è volta unicamente al post-pandemia ma, sicuramente, riguarda anche diversi fattori esterni; ad esempio l’alta inflazione, la quale causa difficoltà nella produzione, nel risparmio e soprattutto nel guadagno.
Perché il benessere sul posto di lavoro dovrebbe essere una priorità?
La risposta è semplice: lo stress dei dipendenti può influire negativamente sulle loro prestazioni e produttività, il che è particolarmente importante in questo momento in cui tutti i leader mondiali cercano di massimizzare la ripresa post-Covid. È stato calcolato che il basso coinvolgimento dei lavoratori in tutto il mondo abbia un costo annuo di 8,8 trilioni di dollari per l’economia globale, pari al 9% del PIL mondiale. Questa cifra rappresenta un dato significativo, che richiede di affrontare le questioni relative al benessere dei lavoratori sul posto di lavoro.
In Italia la situazione è anche peggio, lo studio del Gallup infatti, sostiene che solo il 5% dei lavoratori intervistati si sente coinvolto sul proprio posto di lavoro. A spiegarci le possibili motivazioni di questo dato, ci ha pensato Federico Orlandini (Senior Business Solutions Consultant presso Gallup): “In Italia c’è una forte prevalenza di microimprese, ossia aziende fino a dieci lavoratori. Queste aziende, spesso a carattere familiare e create durante gli anni ’50 e ’60 in pieno Boom Economico, hanno potuto tenere il passo con la competizione internazionale grazie ai vantaggi dei distretti industriali. Negli ultimi decenni, tuttavia, si sono manifestati anche i limiti di questo modello di sviluppo.
Il dato più allarmante è il basso tasso di investimento in capitale umano, in particolare per quanto riguarda formazione e cultura manageriale, che spesso è dettata dall’imprenditore o dai suoi successori. Questa mancanza di investimento può spiegare il perché la produttività della forza lavoro è insoddisfacente”.
In conclusione, occorre che il “rimotivare i lavoratori” diventi la priorità all’interno delle aziende, cominciando magari dai sistemi manageriali adottati nelle imprese italiane in particolare.
Di Pastore Alessia – Diplomata in “Economia Aziendale”