’Vivere, vivere, vivere’, così l’arcivescovo Delpini ha salutato l’ultima volta il Presidente Berlusconi, deceduto il 12 giugno 2023 all’età di 87 anni. E migliaia di fedeli, amici, parenti, sostenitori e oppositori hanno partecipato commossi al lutto nazionale e alle esequie del Cavaliere, celebrate nel Duomo di Milano.
Una scomparsa inaspettata, che ha lasciato attoniti anche i suoi più accaniti avversari, non solo perchè il Presidente con la sua straordinaria resilienza alle uscite di scena e ai trionfanti ritorni aveva indotto tutti noi a considerarlo immortale, ma perchè, come ha ricordato Maurizio Belpietro, morto un Silvio non se ne farà un altro.
Silvio Berlusconi era unico, con la sua empatia, la sua ineguagliabile arte diplomatica, la sua stucchevole, audace, a tratti eccessiva, esuberanza. Amava la vita, le belle cose e, lo mostrava in ogni cosa, in ogni incontro, in ogni situazione. Con la leggerezza e l’entusiasmo di un bambino che si fa beccare a divorare di nascosto, ma neanche troppo, il barattolo della marmellata.
Parlare di Silvio Berlusconi é raccontare oltre cinquant’anni di storia del nostro Paese.
‘Ha segnato la storia della nostra Repubblica’, ha dichiarato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Media e leader nazionali e internazionali non sempre sono stati clementi con lui: si sono affannati ad accendere i riflettori sui circa trenta processi giudiziari a cui è stato sottoposto e, da cui puntualmente è stato assolto, ad indagare sulle origini dei suoi capitali, sulla responsabilità della nascita della cosiddetta ‘tv spazzatura’, delle leggi ad personam e dei successi del Milan; a sviluppare il tema del Berlusconismo.
Un accanimento che sicuramente ha segnato in modo irreversibile e, per sempre, la sua salute, ma che ha saputo conferirgli, tuttavia, anche quella forza eccezionale, propria dei grandi guerrieri, nel risalire continuamente la china dopo rovinose cadute.
Come quando nel 2013 e, quasi vent’anni di presenza ininterrotta nelle due Camere, decadde dall’incarico di Senatore e di parlamentare, in seguito alla condanna per frode fiscale a quattro anni di reclusione e, all’interdizione biennale dai pubblici uffici. Paradosso plateale per il più grande contribuente fiscale italiano, sesto uomo più ricco d’Italia e tra i 200 top men del mondo, secondo classifiche di Forbes.
Soffrì molto, moltissimo ma il suo cuore batteva forte, determinato, una volta tornato candidabile, a imporsi nuovamente sulle scene politiche internazionali. E infatti, così fu: dopo soli tre anni e, nove di assenza, con una bella vittoria nel collegio uninominale di Monza, rientrò in Senato, come parlamentare europeo alle elezioni europee del 2019.
Entrato in politica nel 1994, con Forza Italia che ha ideato, fondato insieme ai Circoli del Buongoverno e, rifondato con slancio nel 2013, dopo anni nebulosi in cui vicende personali e politiche si intrecciavano amaramente, facendo confluire nel frattempo le sue energie nel partito del Popolo della Libertà; fondatore di Fininvest e di Mediaset, socio in Mondadori, con una passione folle per il calcio che l’hanno portato a diventare anche Presidente della squadra del Milan, Silvio gettava continuamente il cuore oltre l’ostacolo, mettendo passione in tutto ciò che faceva, superando i molteplici ostacoli incontrati sul percorso; quegli ostacoli che, come lui stesso amava ricordare, sono fondamentali per forgiarci e per raggiungere il successo.
Realizzò con successo ogni suo visionario progetto: quello di una città sostenibile che, in anticipo di mezzo secolo, vedeva la luce negli anni settanta, con Milano 2; di una nuova forma di televisione, fondata su presupposti commerciali, quelli di Publitalia e, lontana dai vincoli esiziali di Stato; o ancora quello delle relation-ships internazionali più delicate, basate su equilibri personali e confidenziali.
Fu fautore di eventi straordinari come la stretta di mano diventata pagina di storia, tra Bush e Putin, per mettere definitivamente un punto alla guerra fredda. Con la sua abile arte diplomatica, capace di infrangere barriere e rigidi protocolli, creò ponti e ottenne la pace laddove sembrava irrimediabilmente perduta. Le sue intuizioni sui pericoli corsi da un’Europa esposta e impreparata al netto di una politica internazionale forte e coesa, sebbene spesso incomprese, si rivelarono nel tempo più che fondate. Conscio del rischio che si stava delineando nell’intesa crescente tra la Russia e l’asset orientale del mondo, riuscì a convincere Putin, di cui divenne amico personale, a un trattato europeo. Scongiurò la paventata ipotesi di conflitto internazionale e riuscì a garantire l’indipendenza energetica italiana, accogliendo con i massimi onori il leader libico Gheddafi.
E mentre salivano i consensi del popolo italiano che l’aveva legittimante eletto, scendevano quelli con l’alleanza atlantica che con un colpo di spugna lo destituì dall’incarico dopo vent’anni di permanenza sugli scranni: le sue verità urlate ai quattro venti lo resero ostile, scomodo, come lo stesso Zappatero dichiarò, raccontando nei dettagli come fu messo a punto il golpe.
Fu la fine conclamata dell’Italia sovrana, settima potenza economica al mondo e l’inizio della programmazione dell’agenda 2030. Per Berlusconi l’inizio di un calvario.
E oggi, a un mese esatto dalla sua morte, anche i suoi più acerrimi nemici, rimpiangono il personaggio Berlusconi, lo statista, la spina dorsale dell’Italia nel Mondo, che nessuno ad oggi sembra riuscire ad eguagliare.
Certo i livori storici continuano a serpeggiare e con essi un’accanita persecuzione che non si arresta neppure davanti alla morte di un uomo, di un imprenditore che ha creato migliaia di posti di lavoro, di uno statista e, se nel post mortem non sono mancate festicciole, brindisi e sciacallaggi vari, è notizia di oggi, la riapertura dell’inchiesta sulla presunta mafiosità del leader, da parte della procura fiorentina.
Ciò che continua a porre l’accento sulla questione atavica e irrisolta del conflitto tra magistratura e politica.
L’ennesima sfida a cui Silvio Berlusconi è sottoposto da lassù perché anche il posto in paradiso bisogna guadagnarselo. E noi vogliamo immaginarlo con il sorriso sornione e rassicurante a cui ci ha abituati, in attesa di un suo colpo di coda che stenda e azzittisca una volta per tutte chi in generale vede nel prossimo un rivale, una minaccia, o un pericolo, a tutela di una categoria che ha rappresentato. Perchè lui indifferente non è mai stato: nel bene e nel male ha lasciato traccia in ognuno di noi. Silvio era uno di noi coi suoi pregi e i suoi difetti; imperfetto come lo siamo noi.
Mancherà ai suoi nemici, ai suoi dipendenti, agli anziani, alle mamme e ai loro figli. Mancano già i suoi momenti di ilarità, le sue campagne elettorali scandite da programmi istituzionali e esilaranti barzellette, l’amore cristallizzato per la donna, la bellezza, la natura e la ‘joie de vivre’ espressa in ogni dove. E, così, raggiante ed esplosivo, come ha maestosamente scritto Capuozzo, vogliamo ricordarlo in un campo colorato di tulipani, gli stessi che orgogliosamente esibiva sui social in uno dei suoi ultimi post, circondato da amici e dai suoi amatissimi cani.
Addio Berlusconi o, forse…arrivederci…chissà!
Di Tania Boianelli