Con l’avvicinarsi dell’autunno il Governo sta iniziando a elaborare la manovra finanziaria e uno dei temi principali saranno le pensioni.
Anche se nel programma dei partiti di maggioranza, soprattutto della Lega, era previsto un superamento della legge Fornero, nei primi anni della legislatura l’età pensionabile si è alzata. Per questa ragione l’esecutivo starebbe studiando una nuova ipotesi chiamata Quota 41 flessibile.
Non si tratterebbe di una riforma delle pensioni, ma di un’aggiunta all’attuale legislazione, simile a Quota 103, Opzione donna o Ape sociale.
Penalizzerebbe chi va in pensione in anticipo, ma non con il metodo utilizzato da queste forme di flessibilità, vale a dire il ricalcolo contributivo.
Quota 41 flessibile partirebbe dal 2026, ma i requisiti andrebbero maturati prima del 31 dicembre 2025. Il lavoratore che volesse accedere a questa nuova forma di flessibilità dovrebbe maturare, entro quella data:
41 anni di contributi lavorativi;
62 anni di età.
In questo modo potrebbe accedere anticipatamente alla pensione, con una penalizzazione del suo assegno. In questo, la norma è molto simile a Quota 103, legge che terminerà alla fine dell’anno. La differenza però sta nel calcolo della riduzione dell’importo della pensione.
Con Quota 103 si applica infatti il ricalcolo contributivo, che può arrivare anche al 15% di penalizzazione nei casi più estremi.
Con Quota 41 flessibile invece, ci sarebbe una penalizzazione fissa del 2% per ogni anno di anticipo della pensione.
Essendo l’età pensionabile a 67 anni secondo la legge Fornero, la riduzione massima dell’assegno arriverebbe al 10%.
Sarebbe inoltre escluso da qualsiasi penalizzazione chi ha un reddito da lavoro, quindi quello maturato prima di andare in pensione, inferiore a 35mila euro all’anno.
Quota 41 non sarebbe una riforma delle pensioni come quelle auspicate durante la campagna elettorale e nei primi mesi di legislatura dal Governo. Si tratterebbe però di un’inversione di tendenza nell’atteggiamento che l’esecutivo ha avuto nei primi anni di questa legislatura riguardo alle opzioni di flessibilità.
Con l’obiettivo di abbassare i costi del sistema pensionistico e raggiungere il picco di spese entro il 2027, l’esecutivo ha ridotto l’accesso a Quota 103, Opzione donna e Ape sociale. Le categorie che possono ottenere questi anticipi pensionistici sono diventate sempre più ristrette e, in questo modo, lo Stato ha potuto evitare alcune spese.
Se Quota 41 venisse approvata, le spese per lo Stato, al contrario, aumenterebbero.
Uno degli effetti della riduzione delle opzioni di flessibilità da parte del Governo è stato l’aumento dell’età in cui le persone vanno in pensione in Italia. Nel 2024 l’età media in cui le persone sono andate in pensione è stata di 64,8 anni, 7 mesi in più rispetto all’anno precedente, proprio per il calo di richieste sulle pensioni anticipate.
I dati, diffusi da Istat, hanno anche evidenziato una grande differenza tra gli assegni previdenziali degli uomini rispetto a quelli delle donne. Carriere più continue e stipendi più alti permettono ai primi di avere in media una pensione di 2.143 euro lordi. Al contrario, le donne non raggiungono i 1.600 euro lordi di media.
Di Macina Luca – iscritto all’Albo unico dei Consulenti Finanziari, OFC – Regione Piemonte”


